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Cuore, batti la battaglia!

Tag: K. Marx

Freud sul marxismo

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Con la scoperta ricca di implicazioni dell’importanza delle condizioni economiche, affiorò la tentazione di non lasciare i mutamenti di queste ultime all’evoluzione storica, ma di imporli mediante un intervento rivoluzionario. Ora, nella sua attuazione nel bolscevismo russo, il marxismo teorico ha acquisito l’energia, la compiutezza, il carattere esclusivo di una visione del mondo, ma nel contempo anche una inquietante rassomiglianza con ciò che intendeva combattere.

Benché originariamente esso stesso faccia parte della scienza, e sia costruito, nella sua attuazione, sulla scienza e sulla tecnica, ha tuttavia istituito una proibizione di pensare altrettanto implacabile quanto, a suo tempo, quella della religione. Un esame critico della teoria marxista è vietato, i dubbi sulla sua esattezza vengono puniti così come una volta l’eresia dalla Chiesa cattolica. Le opere di Marx hanno preso, come fonte di rivelazione, il posto della Bibbia e del Corano, benché non sembrino più esenti da contraddizioni e da oscurità di questi libri sacri più antichi.
E benché il marxismo pratico abbia fatto inesorabilmente piazza pulita di tutti i sistemi idealistici e di tutte le illusioni, ha generato a sua volta illusioni che non sono meno discutibili e gratuite delle precedenti. Esso spera di cambiare, nel corso di poche generazioni, la natura umana in modo tale che nel nuovo ordine sociale la convivenza risulti quasi esente da attriti e che gli uomini si assumano i compiti del lavoro senza esservi costretti. Intanto trasporta altrove le restrizioni pulsionali indispensabili in ogni società e devia verso l’esterno le inclinazioni aggressive che minacciano ogni collettività umana, mentre trova sostegno nell’ostilità dei poveri contro i ricchi e di coloro che finora non hanno contato nulla contro quelli che in passato hanno avuto tutto il potere. Ma una simile trasformazione della natura umana è assai inverosimile.

L’entusiasmo con cui le masse seguono attualmente l’incitamento dei bolscevichi, fin tanto che il nuovo ordine è incompiuto e minacciato dall’esterno, non dà alcuna garanzia per un futuro in cui tale ordine fosse compiuto e non più in pericolo. Anche il bolscevismo, in modo del tutto analogo alla religione, deve risarcire i suoi fedeli delle sofferenze e delle privazioni della vita presente con la promessa di un aldilà migliore, nel quale nessun bisogno rimarrà insoddisfatto. Questo paradiso, tuttavia, deve essere nell’aldiqua, deve venir istituito sulla terra e inaugurato entro un lasso di tempo prevedibile.

Ma rammentiamoci che anche gli ebrei, la cui religione non conosce una vita nell’aldilà, hanno aspettato l’arrivo del Messia sulla terra, e che il Medioevo cristiano ha creduto varie volte che il regno di Dio fosse imminente.
Non vi sono dubbi sulla risposta che il bolscevismo darà a queste obiezioni. Dirà che finché gli uomini non saranno cambiati profondamente nella loro natura, dobbiamo servirci dei mezzi che oggi possono influenzarli; nell’educarli, è impossibile fare a meno della costrizione, della proibizione di pensare, dell’impiego della violenza fino allo spargimento di sangue; e se non destassimo in loro quelle illusioni, non li indurremmo nemmeno a piegarsi a questa costrizione. E potrebbe chiederci, gentilmente, che gli si dica pure come si potrebbe fare altrimenti. In tal modo saremmo messi con le spalle al muro. Io non saprei dare alcun consiglio. Confesserei che le condizioni di questo esperimento avrebbero scoraggiato me e la gente come me dall’intraprenderlo; ma non siamo gli unici ad aver voce in capitolo. Vi sono anche uomini d’azione, irremovibili nelle loro convinzioni, inaccessibili al dubbio, insensibili alle sofferenze altrui qualora si frappongano alle loro intenzioni.

Dobbiamo a tali uomini se il grandioso esperimento di un ordine nuovo è attualmente in corso in Russia. In un’epoca in cui grandi nazioni annunciano di aspettarsi la salvezza dal mantenimento della devozione cristiana, la rivoluzione russa – malgrado un buon numero di particolari sgradevoli – appare dopotutto un messaggio per un futuro migliore. Purtroppo né dal nostro dubbio né dalla fede fanatica degli altri scaturisce un’indicazione su quello che sarà l’esito di questo esperimento. Il futuro lo insegnerà; forse mostrerà che l’esperimento fu intrapreso prematuramente, che un cambiamento radicale dell’ordine sociale ha scarse prospettive di successo fin tanto che nuove scoperte non avranno accresciuto il nostro dominio sulle forze naturali e quindi facilitato il soddisfacimento dei nostri bisogni. Solo allora, forse, diverrà possibile che un nuovo ordine sociale non solo scongiuri il bisogno materiale delle masse, ma esaudisca anche le esigenze culturali dell’individuo. Invero, anche allora avremo da lottare per un periodo lunghissimo di tempo con le difficoltà che l’indomabile natura umana procura ad ogni genere di comunità sociale.

Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), 1932, Lezione 35 Una “visione del mondo”, Opere complete”, Boringhieri

David Cameron, l’arcifilisteo

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In un celebre passo de Il Capitale, Karl Marx così giudicava Jeremy Bentham: “(…) l’arcifilisteo, Jeremy Bentham, questo oracolo del senso comune borghese del XIX secolo, arido, pedante e chiacchierone banale. Bentham è tra i filosofi quello che Martin Tupper è tra i poeti: l’uno e l’altro solo l’Inghilterra poteva fabbricarli.“.

Secondo zeroconsensus il fulminante giudizio espresso da Marx ben si attagliarebbe anche al Primo Ministro inglese Devid Cameron. Basta seguire il dibattito sul referendum che potrebbe sancire l’indipendenza della Scozia. Infatti Cameron ad ogni pie’ sospinto non fa altro che dichiarare che in caso di indipendenza “Scots wouldn’t share currency with U.K“. Gli scozzesi non condividerebbero la moneta con il Regno Unito.

A pensarci bene, questa frase è una vera bestialità politica e anche un vero e proprio nonsense dal punto di vista logico.

Un nonsense per il semplice fatto che venendo a cessare l’unione tra Scozia e Inghilterra verrebbe a cessare anche il Regno Unito, quindi nessuno potrebbe avere la sua moneta che andrebbe a sparire. Certo l’Inghilterra emetterebbe una moneta del tutto uguale nella forma rispetto alla Sterlina del Regno Unito. Ma questa sarebbe in realtà la moneta di una nazione con un PIL del 10% inferiore a quella della vecchia U.K e soprattutto sarebbe ben diversa la bilancia commerciale che non potrebbe più contare su buona parte delle esportazioni del greggio e del gas del Mare del Nord (che passerebbero alla Scozia secondo i commentatori).  Di fatto dunque, anche l’Inghilterra emetterebbe una moneta diversa da quella del Regno Unito anche se sarebbe perfettamente identica ed emessa dalla medesima banca centrale. Varierebbero nel caso – e non di poco – i fondamentali economici che la moneta rappresenterebbe.

Per puro paradosso l’unico modo per far sopravvivere la Sterlina dell’UK, in caso di indipendenza della Scozia, sarebbe quello di concedere l’uso della stessa anche all’eventuale stato scozzese.

Altrettanto evidente è la bestialità politica detta da Cameron. Proprio il mantenimento dell’Unione Monetaria tra Inghilterra e Scozia, in caso di secessione, garantirebbe all’Inghilterra la possibilità di mantenere l’egemonia su tutta la vecchia Gran Bretagna. Questa non sopravviverebbe politicamente, ma sopravviverebbe comunque come Unione Monetaria. Se poi a Londra non sanno come si fa a prendere l’egemonia con l’unione monetaria ma senza unione politica possono sempre telefonare a Berlino. Magari i tedeschi potrebbero dare lezioni in materia.

Al di là dell’aspetto contingente (che è anche un po’ buffo) , verrebbe da fare una piccola riflessione sulle modalità di selezione delle classi dirigenti nell’epoca del feudal capitalismo finanziarizzato.  Zeroconsensus preferisce tacere essendo l’argomento ben al di sopra delle sue capacità. Però non senza ricordare che forse se in Italia abbiamo un premier bamboccione con il gelato in mano (così dice l’autorevole stampa britannica) in Inghilterra hanno un premier che sembra un adolescente impegnato a giocare con i soldatini di piombo di un impero che ormai esiste solo nella sua fantasia.

Innovazione tecnologica, lavoro e capitale.

Riccardo Bellofiore insegna economia all’Università di Bergamo.